venerdì 29 giugno 2012

Leadership e credibilità con Mr. Monti


Dopo anni di barzellette, scherzetti, disegni osceni e corna l’Italia sembra tornare ad essere considerata.
Nel vertice di ieri a Bruxelles, che ha visto contrapposti da un lato Germania, Finlandia e Olanda e dall’altro Spagna e Italia (spalleggiate dalla Francia), è successo qualcosa che non accadeva da tempo.
L’Italia ha fatto valere le proprie posizioni e, con l’aiuto di Rajoy, le ha imposte alle tre nordiche appena menzionate.
Ma più che il risultato in termini economico-finanziari (con gli effetti, almeno oggi, decisamente positivi sui mercati) è il risultato politico e d’immagine che colpisce.
Prima di tutto l’immagine.
Veniamo da un periodo sicuramente buio in termini di credibilità, con il teatrino e le buffonate del ex Presidente del Consiglio Berlusconi che (forse in Italia potranno essere state dimenticate) in Europa sono ricordate benissimo da tutti.
Ma ciononostante il Cavaliere torna alla carica e, forte del suo nuovo progetto politico, attacca Monti riguardo alle sue presunte incapacità di essere un leader europeo e alla sua mancata forza nel contrastare la Merkel. Proprio lui, ricordato per gli scherzetti alla Cancelliera, per la figuraccia al Parlamento Europeo, per i disegnini di intimo da donna ad un vertice UE con Brown e Sarkozy, vuole insegnare come comportarsi di fronte ai colleghi stranieri.
Lo scandalo del Bunga bunga, forse, è stata la ciliegina sulla torta.
Ne consegue che, per ovvie ragioni, l’Italia venisse considerata poco o niente, soprattutto dai grandi come la Germania.
Secondo, ma non meno importante: il significato politico.
Il governo Monti ha fatto discutere molto per le scelte economiche interne, e anche i risultati degli accordi raggiunti ieri lasciano molti dubbi sulle loro reali capacità.
Lasciando quindi da parte questi aspetti, è importante notare come l’Italia si sia messa di traverso alle proposte della Germania e, unitamente a Spagna e Francia, abbiano fatto sentire la propria voce.
Qualcuno dirà che Monti è un premier al servizio delle banche e che le misure decise a Bruxelles sono tanto fumo e poco arrosto, ma il fatto che un premier italiano abbia avuto un ruolo centrale nel dibattito e abbia portato avanti con successo le proprie posizioni è già un buon risultato.

sabato 23 giugno 2012

Il circo italiano chiamato “politica”


Ce n’é per tutti i gusti, davvero un’ampissima scelta.
Andiamo con ordine. Partiamo con la sinistra.
La sinistra e il Pd sono spaccati tra correnti e candidati pronti al voto, ognuno con le sue idee e i suoi principi. Tra l’incapacità di Bersani di essere un leader, di riconoscere la crisi interna ed esterna al partito e di fare una seria opposizione, un Nichi Vendola che appare e scompare senza un chiaro obbiettivo e un Matteo Renzi bersagliato dai colleghi che lo insultano (dandogli del semplice portaborse) e dai giornali che lo inseriscono nei complotti della destra, in combutta con Berlusconi. Lui però, sorride e va avanti.
Passiamo al centro.
Casini e Udc sono in balia del vento, e a loro va benissimo così. Si spostano a seconda di come tira l’aria. Fino a qualche tempo fa con Berlusconi andava bene e lì restavano. E’ invece di qualche giorno fa la notizia di una probabile alleanza con la sinistra riformista, guarda caso proprio quando il Pdl affonda nei sondaggi mentre “l’opposizione”, a stento, regge. Della serie: se non puoi convincerli, confondili.
Probabilmente l’Udc non ha nemmeno un programma politico, o forse ne ha tanti, completamente diversi e intercambiabili a seconda delle situazioni. Ma non è ancora detta l’ultima parola, con la ridiscesa in campo del Cavaliere magari ci ripensano.
Ma ora viene il bello: la destra.
La Lega pareva essere devastata dagli scandali in casa Bossi. Nonostante tutto Umberto Bossi è ancora lì, ma come se non bastasse lo fanno ancora parlare ai comizi. Il popolo della Lega dev’essere veramente confuso, o cieco.
I paladini del popolo lombardo, come in una travagliata storia d’amore, sono tornati a braccetto con il Pdl proprio qualche giorno fa bloccando i tagli ai parlamentari. Insomma un tira e molla degno dei libri di Moccia.
Parlando di Pdl non si può non parlare di rinnovamento. E che rinnovamento!
Fino a qualche settimana fa Alfano parlava di volto nuovo per il partito, una nuova forza politica al servizio degli italiani. Poi arrivano le pazze idee di Berlusconi, che Libero interpreta come: Gerry Scotti premier (qualcuno faccia tacere Belpietro). Ma ecco che il Cavaliere, dopo mesi dietro le quinte, torna rampante e gagliardo. Torna per riprendere le redini del deragliante Pdl (e magari dell’Italia), per –e cito- “portare innovazione nel partito, aprire ai giovani”. Lo dice lui dai suoi quasi 80 anni e dalla sua ventennale esperienza politica affiancato dai soliti Alfano, Santanchè, Gasparri e Letta, ma magari ora apre le porte alle giovani di Arcore.
Ma c’è da preoccuparsi. Perché Mr. B. ha studiato Grillo (e non Cicerone) per carpire al meglio la sua arte oratoria e politica. Di male in peggio.
Non possiamo dimenticarci certamente di Formigoni. Il presidente che proprio l’altro giorno esponeva il suo ritratto (“Nella destra teneva sette stelle” by Doriano Scazzosi), dal volto sofferente e ispirato, al Pirellone e che, proprio oggi, pare essere tra gli indagati nell’inchiesta sulla sanità. Lui dice di non saperne nulla. Ma, d’altronde, lui non sapeva niente neanche di Daccò, del suo assessore Antonio Simone e della fondazione Maugeri. Un invito spensierato diretto al Presidente della Regione è quello di informarsi un po’ su chi ha attorno e sui soldi che si trova nelle tasche. Ma tranquilli, non si dimette mica.
Infine non va trascurato il Movimento a 5 Stelle e il fenomeno Grillo. Tra il parmigiano Pizzarotti impantanato nella formazione della sua giunta (tra dietrofront e dimissioni) e i sondaggi che vedono il M5s in costante aumento, i soliti politici non risparmiano i commenti sull’antipolitica (anche se sono proprio loro a fomentarla).
In mezzo a tutte queste correnti ci sono gli indefiniti moderati che, come la bella del paese, sono corteggiati da tutti.
In conclusione, ce n’é per tutti i gusti. A parte forse per quelli che, in mezzo a questo fenomeno da baraccone che chiamano politica, vorrebbero qualcosa di serio e di diverso da ciò che ci hanno abituato a vedere in questi anni.

mercoledì 6 giugno 2012

#Quinta4president


Ennesima occasione sprecata dai partiti per dare un segnale positivo ai cittadini. Nel giorno in cui il Senato nega l’arresto per il senatore Pdl De Gregorio (coinvolto nel caso Lavitola) e in cui Formigoni viene salvato dalla Lega, la Camera vota per i nuovi commissari dell’Agcom.
Da settimane spopolava su internet –e in particolare su Twitter con il #Quinta4president- la petizione che mirava alla candidatura di Stefano Quintarelli, uno dei padri dell’internet commerciale italiano, profondo conoscitore del web e universalmente approvato per la sua indipendenza dai partiti, motivo per cui, probabilmente, ha perso la poltrona.
Alcuni partiti (Idv, Fli e Api) hanno colto la palla al balzo e hanno portato avanti la candidatura, mentre i grandi Pd e Pdl proponevano i loro campioni e assicuravano di ascoltare le opinioni dei partiti minori.
In realtà hanno ascoltato solo l’Udc e, con un accordo dell’ultimo minuto, hanno votato per i loro uomini tagliando fuori Quintarelli e tutte le speranze dei suo sostenitori.
Si perché in un paese in cui la libertà di informazione è a livelli imbarazzanti (siamo classificati come: parzialmente liberi) visto che in classifica siamo appena sopra il Benin, la gente iniziava a credere che, visti i recenti risultati elettorali, dove hanno vinto l’astensionismo e –come dicono loro- “l’antipolitica”, i nostri politici avrebbero mandato un segnale di cambiamento e svolta. E invece no.
Facendo un bilancio della giornata di un Italia allo sbaraglio, possiamo constatare che, ancora una volta, chi è più competente arriva ultimo (Quintarelli: 15 voti) e chi è più furbo o ammanicato vince.

venerdì 1 giugno 2012

La parata non s'ha da fare, nè domani, nè mai!

Sono partite e continuano da giorni le polemiche e le mobilitazioni contro lo svolgimento della parata del 2 giugno.
Su Twitter infuria il #no2giugno i cui sostenitori vorrebbero che le spese per i festeggiamenti vengano indirizzate ai terremotati, visto che non c’è nulla da festeggiare. Giusta obiezione. In un momento di crisi economica e con una calamità naturale di tale portata (non si capisce se sia finita o no) celebrare la festa della Repubblica con la solita parata militare pare proprio uno spreco bello e buono. Per qualcun altro è un guadagno bello e buono, ma questo è un altro discorso.
La politica si mobilita, da desta a sinistra a favore della mobilitazione. Pensare che anche in area cattolica c’era chi avrebbe voluto annullare la visita del Papa per la manifestazione a Milano, per dare un segnale di moderazione in quanto a spese.
Il Governo ha deciso di portala comunque a compimento, ma con sobrietà. Infatti, a fronte dei 10 milioni spesi solitamente, si stima che ne verranno spesi “solo” tra i 2,3 e i 2,8 milioni. E’ solo una stima perché non ci è dato sapere la cifra esatta.
Anche Napolitano ha sottolineato che il 66° anniversario verrà portato avanti con misura e sarà dedicata ai terremotati affermando che “Lo celebreremo perché la Repubblica deve dare conferma della sua vitalità, forza democratica,serenità e fermezza con cui affronta le sfide". E per fare questo fa marciare i suoi soldati?
Ma questa è solo la superficie del problema, il vero problema è un altro. Quei soldi ormai sono già quasi tutti spesi, la parata era già stata decisa (per ovvie ragioni organizzative) da tempo, quindi quei soldi non potrebbero essere reindirizzati altrove, come molti vorrebbero.
Il problema è, appunto, un altro. Ed è l’attaccamento ad una tradizione morta, priva di significato, carica di falsa retorica e piena di sentimentalismi d’altri tempi.
Penso che, come me, la maggioranza dei giovani non ci veda niente. Nulla di patriottico, di celebrativo e men che meno di utile nella parata. Va da sé che nessuno possa sentire la “vitalità” e la “forza democratica” in essa e di certo, in un momento come questo, non ci si può aspettare che la popolazione l’accetti.
Ora, escludendo gli amanti della parata –alcuni dei quali hanno un che hanno un che di fanatico- e i sentimentalismi legati alla situazione di questi giorni –sia per la crisi che per il terremoto-, bisogna capire che una manifestazione del genere è obsoleta.
Non sarebbe più sensato rieducare al senso di Repubblica e, magari, trovare altri modi (più democratici) per celebrarla invece che far vedere quanto sono belli e forti i carri armati italiani?