mercoledì 30 maggio 2012

Il Vatican-Gate

Periodo nero in casa Ratzinger. Prima il caso Gotti Tedeschi – Ior, poi la fuga di segreti (causa corvi), la malaugurata scelta di tacere sul caso Orlandi e, questione dell’ultima ora, il battaglia per lo Ior tra Bertone e Piacenza&Co. (Tettamanzi, Bagnasco, Scola). Questa volta non è  frutto di un’idea di Dan Brown.
Ma andiamo con ordine.
Lo IOR (Istituto per le Opere di Religione) è la nota banca vaticana di dubbia santità, spesso legata ad episodi di scandali finanziari (e non solo). L’ormai ex presidente, Ettore Gotti Tedeschi,  aveva sollevato dubbi sulla trasparenza della banca (proprio lui, che non è certo un santo) causando indignazione nei componenti porporati della commissione di vigilanza, presieduta dal Card. Bertone, i quali hanno chiesto all’unanimità le dimissioni del suddetto economista che, a parte sentirsi amareggiato, non dice nulla di più, per amore del Papa e della Chiesa. Questo la dice lunga, sulla trasparenza.
Insomma, l’istituto nato per “provvedere alla custodia e all'amministrazione dei beni mobili e immobili trasferiti o affidati allo IOR medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati a opere di religione e carità” preferisce lasciare ben celati tali beni destinati a opere di carità (un ottimo modo per proteggere i “religiosi” clienti).
Qualche giorno più tardi lo scandalo del maggiordomo che, a quanto pare, ha trafugato la corrispondenza papale per trasmetterla alla stampa per proteggere il Papa stesso (ma da chi?). Sono seguite, e continuano in questi giorni, le indagini sull’uomo di “fiducia” del Santo Padre e sui numerosi corvi che infestano il Vaticano. Benedetto XVI ha commentato affermando che viviamo in una nuova babele, dove i cuori degli uomini sono colmi di male. Sarà, ma visto come vanno le cose alla Santa Sede ultimamente, probabilmente non sapremo mai cosa ci sia veramente dietro.
Come se non bastasse questo, il triste episodio durante l’angelus. Il 27 maggio parte dal Campidoglio, a Roma, la manifestazione per chiedere verità e giustizia riguardo al rapimento di Emanuela Orlandi. I manifestanti, giunti in Piazza San Pietro, si aspettavano una parola dal pontefice che invece non li ha considerati. Probabilmente il motivo è il corretto svolgimento della funzione religiosa, ma c’è chi dice che vi siano state pressioni interne.
In conclusione non si deve respirare una bella aria in Vaticano, soprattutto ora che è partito il braccio di ferro tra alcuni dei più potenti prelati in rosso per il futuro dello Ior. Ma non illudetevi non si combatte per il bene contro il male, non si lotta per il rinnovamento della Chiesa Cattolica, ma, come sempre, è tutta questione di soldi e potere.

martedì 22 maggio 2012

Stiamo sereni?


Dopo anni di politica stagnante pare prospettarsi all’orizzonte quello che i più coraggiosi chiamano cambiamento. L’emblema è la vittoria del nuovo primo cittadino (e non semplicemente “sindaco”) di Parma, Pizzarotti.
Che vi sia un fermento nuovo, nonostante l’affluenza decisamente bassa, è visibile a tutti. Un Pdl sconfitto che rimane con le briciole, i candidati del centrosinistra (e non il Pd, come a qualcuno piace pensare) ne escono vincenti ma con l’incapacità di negare che il vero successo è del M5S, che fa un entrata trionfale in politica apprestandosi a prendere il posto di un partito come la Lega (devastata dagli scandali in casa Bossi). Ma il segnale che i votanti, anche se pochi, siano stanchi dei soliti noti, lo si vede anche dai risultati ottenuti da liste civiche e dagli schieramenti non identificabili con i grossi partiti di sempre.
Siamo a una svolta? Forse. Ne saremmo certi se le affluenze fossero state maggiori e se, veramente, la maggioranza della popolazione avesse preso parte al processo elettorale. E’ comunque un inizio o, come Pizzarotti l’ha definito, “un punto nella storia dell’Italia”. Ce l’hanno messo loro, adesso è ora di andare a capo.
Ma il bello viene con il post-ballottaggi. Tra prese di posizione, smentite, elogi, minimizzazioni varie e battibecchi, ciò che ha fatto più notizia è lo scambio di battute tra Grillo e Bersani.
Il primo, preso dal trionfo, ha sparato a zero su tutti, soprattutto sul segretario del Pd. Per festeggiare la vittoria (che, tra l’altro, non è sua ma del Movimento e dei suoi candidati) ha dato prova delle sue qualità di leader e oratore, regalandoci un esempio di discorso “politico” di rara volgarità e bassezza. Sono comunque propenso a dargli ragione quando dice “Non siamo il terzo partito d’Italia ma il primo movimento popolare d’Europa”, lo si è visto nei risultati di Parma, e non solo.
Dall’altra parte, il secondo, dopo aver sottolineato la “vittoria senza se e senza ma” seguendo il “Prima i Comuni, poi l’Italia” (tutto secondo il suo punto di vista che, penso, sia ben lontano da quello degli elettori annunciato dopo i risultati al primo turno), ha risposto dicendo a Grillo che non basta bestemmiare più degli altri e chiedendogli di dire qualcosa di preciso per il Paese.
Poi, con quella sua parlata e il suo fare tipico piacentino, Bersani a concluso come solo lui poteva fare: “Beppe, stai sereno!”.
E noi, dovremmo esserlo? E’ ancora tutto da vedere, tutto ancora da fare. Ma mi piace credere che, nella vecchia e stanca Italia, forse qualcosa stia cambiando.

lunedì 21 maggio 2012

Una borbonica efficienza


Tra tasse, tagli alle spese e i gettonatissimi “basta sprechi” annunciati a ripetizione, quasi quotidianamente, dai nostri tecnici (e non) salta certamente all’occhio la notizia uscita qualche giorno fa riguardo all’assunzione di 30 dipendenti in Regione Sicilia.
I suddetti neoassunti avranno l’infelice, poco stimolante e decisamente antiquato compito di portare i documenti, i faldoni e tutte le carte da un ufficio all’altro. I trenta “camminatori”, freschi d’assunzione, svolgeranno ciò che noi, amanti della tecnologia, lasceremmo fare ad un computer. Non la pensano allo stesso modo alla Regione, più legati ad una tradizione lavorativa legata all’uomo e ad un modus operandi in pieno stile borbonico.
Qualcuno potrebbe dire che, in tempo di crisi, la Regione ha creato ben 30 posti di lavoro. Ma fossero solo quelli! Invece no.
Cinquantacinque nuovi addetti ai musei palermitani (che si aggiungono ai già mille e seicento presenti), sessanta funzionari direttivi e venti collaboratori per l’archivio. Questi sommati ai trenta, si spera, instancabili camminatori, raggiungono i 160 nuovi assunti, che vanno ad aggiungersi agli oltre sedicimila dipendenti della Regione. Un curioso modo per smaltire la pesante lentezza burocratica ed evitare gli sprechi. Roba da Regno delle Due Sicilie, parlando in termini di tecnologia e efficienza organizzativa.
Perché è di efficienza che si parla. Una cosa che spesso in Italia manca, ma non sempre. Stiamo infatti scalando le classifiche riguardo alle energie rinnovabili (magra consolazione se si pensa che in fatto di giustizia siamo tra gli ultimi, inseguiti dallo Sri Lanka e tallonando l’Angola). Di sprechi ce ne sono fin troppi e di tagli ce ne vorrebbero, ma ai punti giusti.
Ma come dimenticare, quindi, l’inguaribile stakanovista che, l’anno scorso, passò da aprile ad agosto spalando neve in quel di Palermo, raggiungendo la ragguardevole cifra di 415 ore di straordinari per uno pagamento di oltre cinquemila euro. Ciò che forse stupisce di più è la capacità di quest’uomo di aver trovato, e rimosso, la candida neve nella calda estate mediterranea.
Insomma, la parola d’ordine sembrerebbe essere “dare il lavoro” e se il lavoro non c’è, lo si inventa.

mercoledì 16 maggio 2012

I magnifici 610


Lunedì 14 Maggio. Alla Camera dei Deputati all’ordine del giorno c’è la discussione riguardante la “riforma epocale”, come l’ha chiamata Monti, dei rimborsi ai partiti.
Presenti in aula: 20.
I nostri eletti, quel giorno, erano altrove. C’è da sottolineare che però vi erano rappresentanti di molti gruppi parlamentari (Pd, Pdl, Idv, Lega, Udc, Fli, misto, Api, Pt, Grande Sud e Noi sud), uno o due a testa, ma c’erano. Insomma non si può certo dire che le rappresentanze non vi fossero anzi, così a occhio, si direbbe che vi fosse un bel ventaglio di scelta.
Una cosa del genere ricorda molto l’assenteismo di massa causato da verifiche di matematica o interrogazioni di chimica al liceo. La differenza è che mentre al liceo, poi, dovevi rendere conto e ragione, alla Camera è tornato tutto alla normalità.
Pare che però non fosse così vuota come sembra. C’erano infatti diverse scolaresche ad assistere allo spettacolo. Bambini dai 10 ai 13 anni, vestiti di tutto punto con annessa coccarda tricolore, pronti a toccare con mano il lavoro dei nostri politici. E invece.
Ma come mai tutti questi assenti?
I commessi hanno spiegato che la causa era il lunedì, giorno di trasferimenti per tutti i deputati che vengono da “lontano” (come se per viaggiare da Milano o dal Sud a Roma ci volessero giorni). Ma qui sorge spontaneo un dubbio, anzi due. Primo, perché mai iniziare la discussione della “riforma epocale” il lunedì che, a quanto pare, è giorno di “trasferimenti” e a discutere sono in venti (tra l’altro non tutti insieme, visto che c’era chi andava e veniva); Secondo, se era stata decisa la discussione della suddetta “riforma epocale” perché a nessuno è venuto in mente di stare a Roma anche domenica, evitando così i disagi causati dai vari spostamenti. Direi che con lo stipendio che si ritrovano, una notte in albergo se la potevano anche permettere.
Quindi: o quei venti hanno sbagliato giorno per andare al lavoro o gli altri parlamentari erano impegnati altrove, tutti quanti. Mi viene allora spontanea la domanda: dove diavolo erano, lunedì 14 Maggio, quei 610 furbacchioni?

giovedì 10 maggio 2012

Il Grillo parlante



Risultati elettorali a parte (positivi per i grillini, niente di che per Napolitano), è evidente che il Movimento a 5 stelle deve iniziare a fare i conti con la politica, quella vera. Non può più rimanere sulla linea dell’opposizione ad oltranza, del rifiuto sistematico dell’autorità degli altri partiti e delle cariche dello stato e della satira di Grillo contro tutto e tutti.
Nel bene o nel male, dipende dai punti di vista, si sono proposti ad un elettorato, il quale  ha raggiunto una vastità non secondaria. Un elettorato evidentemente stanco della vuota, sempre uguale e vecchia proposta dei grossi partiti, tra i quali PD e PDL; un corpo elettorale che crede possibile un approccio nuovo e, speriamo, genuino nei confronti della politica e dell’Italia in crisi.
A questo punto però, i “grillini” (anche se non ritengo giusto chiamarli così) devono proporsi con serietà, abbandonando la vecchia propaganda alla Grillo.
Putti ci ha provato. Presentandosi, da candidato, in televisione ha mostrato di voler essere all’altezza dell’impegno preso nei confronti di coloro che l’hanno votato, e che dovranno ancora votarlo, lasciando a casa il vestito da buffone.
Ma questo non è andato giù al padre-padrone, che ha prontamente fatto sentire il suo vocione. Non si può negare la sua importanza nel partito (o Movimento, come ci terrebbe a precisare giustamente Beppe Grillo) in qualità di ideatore, “fondatore” ed ispiratore, ma bisogna fare un passo avanti.
Almeno lui dovrebbe.
Le idee del movimento, giuste o sbagliate che siano, devono essere esposte e presentate, ora, con una certa formalità. A lungo andare il modo di porsi alla “grillo parlante” di Pinocchio non potrà che essere controproducente, portando ad un rifiuto da parte degli elettori che gli hanno dato, in questi giorni, fiducia.
La storia la sappiamo benissimo tutti. Un colpo con il martello e il grillo ha smesso di parlare.
I programmi politici proposti alle amministrative e, quindi, alle comunità in senso ristretto, hanno destato interesse e partecipazione. Grillo dovrebbe capire che ha varcato il suo Rubicone. Dovrebbe capire che la sua lotta sta iniziando a dare frutti positivi e propositivi. Dovrebbe rendersi conto che è finita l’era della satira fine a sé stessa, e che è ora di essere, seriamente, l’alternativa all’attuale sistema politico. Dovrebbe iniziare ad essere un leader politico (non può certo negare di esserlo) oppure, lasciare libero il campo a coloro che hanno portato avanti il Movimento nel “piccolo” dei comuni in maniera efficace.
Dovrebbe, quindi, rendersi conto che è ora di smetterla di fare il comico e di iniziare a fare politica (se questo è quello che vuole), perché, pur odiandola, l’unico modo per cambiarla è essere parte di essa.

martedì 8 maggio 2012

La Francia grida al cambiamento, noi urliamo "Forza Juve"


7/05/2012

Mentre in Francia la gente è per le strade a festeggiare la vittoria elettorale di Hollande su Sarkozy, in Italia,  le piazze si sono riempite per la vittoria della Juve.
Ieri i francesi, con tanto di bandiere, gioivano per le strade e per le piazze (prima fra tutte Rue de Solferino, sede storica del partito socialista) cantando “Sarkò c’est finì”, per non parlare della festa in piazza della Bastiglia, gremita di giovani che sventolavano il tricolore.
Queste immagini mi ricordano l’America nei momenti successivi alle elezioni presidenziali che portarono Obama alla Casa Bianca. La fine dell’era Bush fu un trionfo per la “minoranza” afroamericana, e non solo. I video delle celebrazioni in piazza sono facilmente reperibili sul web.
Quello che colpisce, vedendoli, è percepire un senso di vera e sentita partecipazione. La vittoria di Hollande (e di Obama, nel 2008) è la vittoria di tutti loro, di quelli che sono scesi in piazza con bandiere e trombe e di quelli che invece, più privatamente, hanno gioito in cuor loro.
Ma questo sentimento di genuina felicità è assolutamente estraneo al nostro scenario politico, ricorda invece, più o meno vagamente, quello calcistico.
Già perché mentre i nostri vicini d’oltralpe celebravano il cambiamento rivolto a “crescita e austerità in Europa”, noi dov’eravamo?
Ieri e oggi sono giorni di votazione per le comunali. L’affluenza è in netto calo.
Il seggio elettorale della mia circoscrizione è una scuola a poche centinaia di metri dello stadio, andando a votare mi sono scontrato con il flusso di tifosi che se ne andava.
La scuola era praticamente vuota, rendendo le operazioni di voto molto più veloci. Pochi i giovani, per lo più scrutatori, e molti gli anziani.
Fuori, qualche decina di metri dallo stadio, i giovani urlavano cori da stadio contro la polizia, giunta in abbondanza in assetto antisommossa per l’abituale partita domenicale del Como. Ecco dov’era, il futuro dell’Italia.
La sera, le immagini alla televisione dei giovani francesi, tutta un’altra storia. Mi dico che la politica lassù è diversa da quella qui, e va bene anche così. Abbiamo perso quel senso di appartenenza e di senso comune che dovrebbe essere la Politica, non solo per colpa nostra.
Poi, la Juventus vince lo scudetto.
In un Italia dove la crisi è sempre più nera, dove siamo sommersi dalle tasse, dove la politica dei tecnici fa a pezzi il reddito delle famiglie con il muto consenso della politica “vera”, dove, contemporaneamente, i partiti prendono ingenti somme di denaro pubblico, dove politici corrotti sono al potere da un ventennio, tra tangenti, malavita e caste Cielline, dove i politici che si facevano difensori dei lavoratori del nord contro la politica corrotta vengono scoperti a rubare dai fondi del partito, le strade si sono riempite di macchine e di persone con i colori bianco neri.
Da domani, a parte la battutina al collega milanista, tutto torna alla normalità.
C’è speranza? Non lo so. C’è la forza di voler partecipare. La forza che ho visto negli occhi di una donna in sedia a rotelle che andava a votare al secondo piano, arrivandoci grazie alla rampa elettrica (mi viene in mente l’Articolo 3 della Costituzione “Compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale”).
In Francia hanno avuto il coraggio di credere nel cambiamento, noi, per paura, per pigrizia, per insofferenza o perché ci siamo stancati di affrontare la realtà, ci siamo fermati al risultato della partita di calcio, 2 a 0.